L’inaccessibile castello di Cereseto

Come promesso nello scorso articolo, ritorniamo a Cereseto per parlare del suo castello che ha una storia quanto mai nebulosa.

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Il periodo che stiamo attraversando non ci consente di andare in giro per dimore e castelli, ciononostante anche se ne avessimo la possibilità in questo castello è inibita ogni visita.

Come si spiega che un maniero così bello e imponente sia lasciato andare lentamente in malora?

Intorno a questo edificio, dalle fattezze antiche, ma relativamente recente, risale infatti al 1913, aleggiano strane e recenti leggende, ma forse, sarebbe meglio parlare di voci.

Si dice, infatti che sia finito nelle mani di traffici illeciti, da speculazioni bancarie fatto si è che resta chiuso in modo permanente.

Non ci resta che ammirarlo dall’esterno e con un po’ di fortuna trarre alcune informazioni del suo passato da un abitante del borgo che si aggira sempre lì intorno e non vede l’ora di raccontare la sua storia agli ignari turisti che si spingono fin qui con il proposito di visitarlo.

Vi racconterà delle sue 153 stanze e del parco, esteso per ben 170.000 metri quadrati, oltre al magnate che, per esaudire il desiderio della moglie lo fece costruire a immagine e somiglianza degli antichi castelli medioevali.

Il tizio non perderà l’occasione per parlarvi del proprietario l’Ing. Gualino delineandone l’importanza e la notorietà, le varie fasi di costruzione del castello, ma soprattutto si soffermerà, gongolando, sulla straordinaria amicizia tra il padrone del castello e suo padre.

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Si rammaricherà della rovina in cui va incontro il castello, abbandonato a se stesso e del dispiacere che prova nel vedere i magnifici vetri cattedrale che ornano la facciata cadere a pezzi sul selciato.

Se lo doveste incontrare non interrompetelo mai, è un tipo suscettibile che si prende la scena! Specie quando procederà con la descrizione delle sale interne del maniero.

Casualmente, tirerà fuori da una tasca una vecchia cartolina del castello e a guardare bene gli angoli consunti se ne deduce che la porta sempre dietro ogni volta che esce di casa.

Vi mostrerà la sala di rappresentanza, com’era un tempo, ornata da bellissimi affreschi e prestigiose collezioni di opere d’arte, da Botticelli a Van Dyck, solo per citarne alcuni.

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Poi, dispiaciuto per come sono andate a finire le cose, con schietto pessimismo guarderà su, fin su, la torre longilinea che tocca il cielo ancora nobile e vanitosa poi abbasserà lo sguardo scrollando la testa.

Come se in quel gesto lui sapesse cosa fare, come se in nome di quella antica amicizia avesse le chiavi per poterlo salvare.

 

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