I risultati dell’operazione “Luxury Cars”

La Polizia di Stato di Casale Monferrato, al termine di una complessa e articolata attività di P.G., negli scorsi mesi ha deferito in stato di libertà all’A.G., tre persone residenti nella Regione Campania, S.S. di anni 41, S.M. di anni 35 e A.M. di anni 27, ritenuti responsabili in concorso fra loro del reato di truffa aggravata.

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Le indagini avevano inizio verso la fine dell’anno precedente quando, un casalese, formalizzava denuncia-querela presso il Commissariato di P.S. poiché, dopo aver venduto la propria auto di lusso, Lamborghini Huracane per il valore di € 185.000,00, pagata tramite A/C regolarmente depositato in banca alla presenza dell’acquirente, qualche giorno dopo veniva informato dall’istituto di credito che il titolo era risultato contraffatto e pertanto non accreditabile.

I contatti con l’ignoto truffatore avvenivano tramite utenze cellulari e la vendita si perfezionava in città.

Il personale della Squadra Investigativa,  del Commissariato,in possesso del recapito telefonico utilizzato dall’autore del reato, nonché di alcune fotografie che lo ritraevano, acquisite all’inizio delle investigazioni, procedeva quindi ad attività d’indagine coordinate dalla Procura di Vercelli.

L’intestatario dell’utenza cellulare utilizzata per “agganciare” la P.O. risultava fittizio ma l’analisi del traffico telefonico consentiva di localizzarlo nell’hinterland napoletano; dall’esame dei contatti intercorsi nel periodo d’interesse emergevano alcuni elementi che riconducevano ad uno dei potenziali complici, S.S. indicato in precedenza.

La successiva attività di P.G. permetteva di localizzare a Casale Monferrato in occasione della truffa, sia S.S. che A.M., complici che avevano accompagnato il materiale autore del reato, al momento ignoto.

Tramite “tracciatura” dei percorsi dei cellulari si accertava che il soggetto, non ancora identificato, subito dopo il reato consegnava il veicolo ai complici e si dirigeva verso il centro Italia, disattivando poi l’utenza e divenendo irreperibile mentre i primi due, dopo aver ricevuto l’autovettura si dirigevano verso il confine italiano raggiungendo poi l’Austria ed infine la Germania, Stato in cui soggiornavano per tre giorni, facendo successivamente ritorno in Italia.

Alla luce di quanto accertato gli investigatori inserivano nelle banche dati FF.PP. la nota di ricerca del veicolo asportato che dopo qualche giorno veniva rintracciato dalle autorità competenti, ancora con la targa di immatricolazione italiana, nei pressi di Monaco di Baviera; come indicato dall’Autorità Nazionale provvedevano a sequestrarlo.

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Nel periodo seguente intervenivano alcune comunicazioni fra il personale procedente del Commissariato di P.S. di Casale Monferrato e gli omologhi uffici tedeschi; a seguito del reciproco scambio di informazioni si apprendeva che l’autovettura oggetto del reato era stata “fittiziamente” venduta tramite un intermediario, ad un soggetto residente a Monaco di Baviera, per l’ipotetica somma di € 151.000,00.

In territorio tedesco era avviata una collaterale attività di indagine.

In Italia nel frattempo si otteneva una “svolta” alle investigazioni in quanto, S.S., un mese dopo circa aver collaborato all’azione criminosa in questo centro, procedendo in modo analogo a Milano, era tratto in arresto per aver tentato di truffare un ignaro venditore di altra autovettura di lusso.

Anche in questo caso interveniva uno scambio di informazioni, con i colleghi del capoluogo lombardo,  e si accertava che il suddetto  era il “fulcro” di una banda di malfattori, esclusivamente dediti a reati inerenti all’indebita acquisizione di autovetture di lusso, successivamente  esportate in altri Paesi UE per poterle reimmatricolare, “pulendole” al fine di ulteriori compravendite.

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Gli operatori del Commissariato di P.S., proseguendo nelle investigazioni accertavano inoltre che, un collaboratore esterno, soprannominato “zio Gaetano” dai membri del sodalizio criminale, il quale, fingendosi  di fingersi incaricato delle banche  “fittizie” emittenti dei titoli di credito che erano forniti in pagamento per l’acquisto delle “supercar”, nel caso il venditore volesse rassicurazioni sull’assegno circolare, telefonicamente avrebbe confermato la sua genuinità.

Per riuscire nell’intento, i rei inserivano in siti web dedicati utenze telefoniche di rete fissa, associandole a finte filiali di istituti di credito, liberamente visualizzabili con gli ordinari motori di ricerca internet.

La prosecuzione dell’attività di P.G. consentiva poi di individuare il soggetto inizialmente sconosciuto in S.M., già pregiudicato per reati di altra natura; acquisendone l’effige era effettuata una comparazione con le immagini in possesso degli inquirenti che forniva esito positivo per corporatura ed altri segni distintivi; nell’occasione era inoltre acclarato che il medesimo, nel corso della truffa, per camuffarsi indossava una parrucca.

In considerazione dei numerosi elementi indiziari reperiti dagli investigatori, il P.M. titolare dell’indagine emetteva decreto di perquisizione locale e personale nei confronti di S.M.; personale della Squadra Investigativa si recava presso il luogo di residenza dando esecuzione all’attività delegata. Nell’occasione, reperiva ulteriori riscontri positivi in quanto, procedendo all’analisi dell’ apparato cellulare in suo possesso, ritenuto dal medesimo “pulito”, rinveniva alcune fotografie dell’autovettura trafugata alla P.O., quando si trovava ancora sul territorio nazionale e al momento in cui raggiungeva la Germania.

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Inoltre, dall’esame delle chat intercorse con altri soggetti ne era individuata una in cui S.M. ed S.S. dialogavano circa le difficoltà di esportazione di una targa “prova”, da ciò evincendosi che il veicolo, all’atto del controllo in territorio tedesco,  era ancora munito di targhe italiane.

Ad ulteriore conferma dell’esattezza dell’impianto investigativo si accertava infine che S.M., unico membro del sodalizio criminale ad aver fatto immediato ritorno presso il luogo di residenza, vi era stato costretto perché in via periodica, e quindi il giorno seguente alla truffa, si sarebbe dovuto recare presso una struttura sanitaria in Campania per esami medici.

Al termine delle indagini preliminari il P.M. titolare del P.P. emetteva decreto di rinvio a giudizio innanzi all’A.G. di Vercelli per tutti e tre gli indagati che pertanto, nei prossimi mesi, verranno chiamati a rispondere dell’illecito contestato.

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